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Dieta dei gruppi sanguigni – dieta miracolosa o bufala?

10 Lug , 2016,
admin
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Sta prendendo sempre più piede negli ultimi tempi la dieta dei gruppi sanguigni, regime alimentare ideato nel 1997 in America dal naturopata Peter J. D’Adamo, ripreso e rilanciato in Italia dall’ormai famosissimo dottor Mozzi, che abbiamo imparato a conoscere grazie anche alle sue regolari apparizioni televisive.

Il successo della suddetta dieta è innegabile ed è testimoniato dal numero sempre crescente di proseliti (che in alcuni casi danno quasi l’idea di appartenere ad una vera e propria setta) i quali dichiarano risultati sbalorditivi ottenuti seguendo i dettami del dott. Mozzi: perdita di peso e guarigione da malanni fisici, a partire da dislipidemie, ipertensione, problemi digestivi ma anche dolori muscolari, articolari e chi più ne ha più ne metta.




Siamo quindi di fronte ad una dieta miracolosa, panacea di tutti i mali?

A questa domanda ha provato a dare risposta la comunità scientifica, la quale è andata a verificare il razionale che sta alla base della dieta stessa, ovvero la correlazione tra gli alimenti e i diversi gruppi sanguigni, ed il responso è stato unanime: la dieta non ha validità scientifica.

Ma andiamo con ordine e cerchiamo di capire esattamente come è articolata e su quali principi si basa la dieta dei gruppi sanguigni e cosa ha portato gli esperti del settore a dichiararla non attendibile.

L’idea di fondo è che la popolazione possa essere suddivisa in quattro grandi gruppi corrispondenti ai diversi gruppi sanguigni (A, B, AB, 0) formatisi nel corso dell’evoluzione come conseguenza dei cambiamenti ambientali e climatici a cui sono andate incontro le popolazioni, che ha portato a sviluppare affinità alimentari differenti.

Vediamo nel dettaglio le caratteristiche dei singoli gruppi:

. Gruppo 0: il più antico e diffuso, è il gruppo dei “cacciatori”, ha particolare affinità con la carne, i legumi, le proteine in generale e le verdure mentre tollera poco i cereali e i latticini;

. Gruppo A: comparso più tardi nella storia dell’evoluzione, in conseguenza del passaggio da uno stile di vita nomade a sedentario. E’ il gruppo degli “agricoltori”, tollera meglio cereali, ortaggi, frutta, legumi, pesce, uova e ha poca affinità con carne e latticini;

. Gruppo B: sviluppatosi in zone montuose e fredde, è il gruppo dei “nomadi” e dei “pastori”. E’ in grado di tollerare una dieta più varia ma ha poca affinità con il glutine;

. Gruppo AB: è quello di più recente formazione e il più raro, dato dall’unione dei due gruppi precedenti. Ha una tolleranza abbastanza alta verso tutti gli alimenti anche se questi soggetti digeriscono poco la carne rossa e possono sviluppare intolleranze verso alcuni cereali;

Le differenze tra i vari gruppi sanguigni sono date essenzialmente dalla presenza o meno, e dal tipo, di particolari sostanze, gli antigeni, diverse per ogni gruppo. La chiave del collegamento tra cibo e gruppi sanguigni è una particolare famiglia di proteine presenti negli alimenti, le lectine, le quali reagiscono in maniera differente ai singoli antigeni. Queste possono essere riconosciute come “nocive” e scatenare quindi una reazione avversa da parte dell’organismo nei confronti dell’alimento che le contiene, rendendolo poco tollerabile.

Seguire la dieta specifica per il gruppo sanguigno corrispondente, eliminando quei cibi che ci “avvelenano”, permetterebbe quindi di evitare reazioni avverse e di riequilibrare l’organismo favorendo il mantenimento della salute generale, oltre che a scongiurare l’aumento di peso.

Teoria senza dubbio interessante, peccato però che non sia avallata da prove reali. Non vi sono, infatti, evidenze epidemiologiche e cliniche comprovate scientificamente che possano sostenere questa tesi.

Sono stati condotti alcuni studi in merito, tra i quali il più completo è probabilmente quello portato avanti da Ahmed El-Sohemy, docente di nutrigenomica all’università di Toronto. Per questo studio sono state reclutate 1500 persone, valutate in base al gruppo sanguigno e all’aderenza o meno alla dieta corrispondente e sono stati presi in esame alcuni dei parametri generalmente utilizzati per valutare lo stato di salute degli individui, come colesterolo, trigliceridi, glicemia, pressione arteriosa.

I risultati dello studio hanno messo in evidenza che l’aderenza a questi profili dietetici, in particolare a quelli relativi al gruppo A, AB e O,  si è effettivamente tradotta in un miglioramento dei parametri e quindi una diminuzione del rischio cardiovascolare ma questo risultato è indipendente dal gruppo sanguigno degli individui.

Un altro studio, pubblicato sull’American Journal of Clinical Nutrition, si è proposto di verificare se nella letteratura scientifica vi fosse prova della relazione tra alimenti e gruppi sanguigni. Sono stati presi in esame tre dei principali database scientifici (The Cochrane Library, Medline e Embase) ed individuati più di 1400 studi sperimentali condotti sull’argomento ma nessuno di questi è riuscito a dare una risposta positiva alla ricerca degli studiosi.

Sulla dieta del dott. Mozzi si sono espressi anche numerosi esperti del settore, tra i quali citiamo il dott. Andrea Ghiselli, medico ricercatore dell’Istituto auxologico italiano e il dott. Fabio Virgili, ricercatore dell’INRAN (Istituto nazionale di ricerca per gli alimenti e la nutrizione), i quali concordano nell’affermare che le basi teoriche della dieta dei gruppi sanguigni sono tutt’altro che solide e troppe semplicistiche.

“I fattori ematici che si dovrebbero prendere in considerazione per tentare un’improbabile distribuzione della popolazione su questa base, non sono solo i 4 gruppi sanguigni più noti ma almeno una ventina. Inoltre, il ruolo delle lectine, uno dei punti chiave della dieta, ancora una volta non è supportato da evidenze scientifiche e a smentire il loro collegamento con i gruppi sanguigni basta riportare il fatto che la sensibilità al glutine e la celiachia si distribuiscono equamente tra A, B, 0 e AB e che le lectine si trovano in tantissimi cibi, ma chi è intollerante lo è solo verso alcuni” afferma Virgili.

Lo studio del genoma e la correlazione tra genetica e alimentazione (ad oggi uno degli argomenti più studiati) risultano ancora poco chiari e assai complessi. “L’evoluzione dei gruppi sanguigni nel corso della storia varia moltissimo e non è riconducibile direttamente al tipo di dieta seguita dalle popolazioni. Questo implica che i geni dei diversi gruppi sanguigni non hanno subito una pressione selettiva che avrebbe favorito il migliore in base all’alimentazione. Quel che è successo nel corso dell’evoluzione, invece, è che si sono affermate in seguito all’avvento di agricoltura e pastorizia mutazioni vantaggiose, come la tolleranza al lattosio, che permette, a chi ne è portatore, di metabolizzare lo zucchero del latte anche in età adulta” è ciò che afferma invece Ghiselli.

Come si spiega allora l’enorme successo che questa dieta sta riscuotendo e tutti i risultati positivi che riportano coloro che la seguono?

Bè, la risposta in realtà e molto semplice e non necessità di particolari conoscenze di nutrigenetica o antropologia: i profili dietetici elaborati per i gruppi sanguigni, propongono stili alimentari che si rifanno al modello raccomandato dall’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) di cui abbiamo già parlato in alimentazione sana.

La dieta del gruppo A prevede un elevato consumo di frutta e verdura e una riduzione dei prodotti a base di carne; quella del gruppo AB, consiglia di evitare il burro e prediligere uova e pesce come fonti di proteine animali; per il gruppo 0 è prevista una diminuzione del consumo di carboidrati (spesso effettivamente eccessivo nella nostra alimentazione).

Tutte queste raccomandazioni sono direttamente correlate ad un miglioramento del profilo lipidico e alla riduzione del rischio cardiovascolare. L’adozione di un regime dietetico più equilibrato, inoltre, porta ovviamente, come diretta conseguenza, un effetto di riduzione del peso in eccesso, che a sua volta contribuisce al miglioramento della salute in generale. Attenzione però ai possibili rischi legati alle restrizioni che la dieta del dott. Mozzi impone ai diversi gruppi, restrizioni che come detto non hanno reali utilità e rischiano solamente di impoverire la dieta.

In conclusione, possiamo quindi affermare che la dieta dei gruppi sanguigni non ha validità per i principi genetici su cui si basa, ma può avere degli effetti positivi per il semplice fatto che porta all’adozione di abitudini alimentari più corrette, come qualunque dieta che preveda una maggiore aderenza alle indicazioni dettate dalla famosa piramide alimentare.

Per stare bene basterebbe mettersi in testa che non abbiamo bisogno di nessuna dieta miracolosa, né del santone di turno da idolatrare, ma semplicemente imparare a mangiare correttamente ed in maniera equilibrata secondo le linee guida che gli organi preposti hanno elaborato e messo a disposizione per noi, senza alcun bisogno di comperare libri illuminati o costosi prodotti ad hoc.

A buon intenditor…

Fonti:

Plos One – Open Access journal
http://dietagrupposanguigno.net
http://www.inran.it
http://www.scienzainrete.it
http://www.ilfattoalimentare.it